Alla commissione provinciale convocata per
visitare i cantieri della bretella di Parè abbiamo assistito ad una
dettagliata spiegazione delle ragioni
per cui proprio quel progetto è stato scelto tra altri e dei vari problemi che
l’azienda si è trovata a gestire e risolvere. Le scelte attuate, da un punto di vista aziendale, si mostrano
molto puntuali e oculate:
-pagamento
delle indennità per gli espropri
-delega ai cittadini proprietari di terreni tagliati dalla
bretella delle spese di gestione dei sottopassi
-spostamento
di una tubazione del metano di importanza nazionale in
diversa locazione
-assistenza
di archeologi negli scavi
-progettazione
di un sistema drenante per impedire
che in caso di piogge la bretella si trasformi in una diga e inondi l’area tra
il fiume Crevada e la strada
Sono
stati esposti anche i vantaggi che
deriverebbero dalla creazione della bretella, cioè canalizzare verso altre strade il traffico pesante che al momento passa nelle vicinanze dei centri
residenziali e togliere il traffico di passaggio dal popoloso quartiere di Parè.
È quindi
tutto oro quello che luccica? Certamente no. Di svantaggi e di problemi ce ne
sono fin troppi.
Certamente
non è possibile una messa in sicurezza
totale del territorio per essere certi che il rischio “diga” non si venga a
creare, a causa della permeabilità del terreno, delle forti piogge che caratterizzano il territorio
e che hanno allagato per mesi gli stessi cantieri della bretella, e del rischio
costante di inondazioni da parte del
fiume Crevada che, per stessa ammissione degli esperti, non gode di ottima
manutenzione né da parte delle autorità né da parte dei privati.
La
soluzione di pompe e drenaggi sembra
essere più che altro una soluzione a posteriori, la classica toppa che si è costretti a mettere
perché si è voluto a tutti i costi costruire su un terreno non adatto. Senza dubbio è una soluzione che implica spese elevate e prolungate nel tempo a
carico della comunità o del privato.
Un altro
punto problematico è la questione degli scavi
archeologici. La bretella è rialzata per circa 4 metri e per i lavori si andrà
solo per circa 1 metro e mezzo a scavare sotto terra. Man mano che vengono
trovati resti di possibile valore
archeologico viene chiamato il team di esperti tenuto a controllare e valutare
quella zona in particolare.
L’area
viene considerata di medio interesse
archeologico, ma non è detto che scavando più in profondità non si trovi qualcosa, un qualcosa che
potrebbe ridare slancio al turismo culturale nella nostra area. Ovviamente però
gli scavi al momento avvengono solo nella prospettiva della bretella, per
essere certi “di non causare danni” nel caso ci fosse davvero qualcosa. Se nel
futuro si volessero svolgere però degli scavi più seri, cosa sarà necessario
fare? Distruggere la strada e tutto l’edificabile
circostante?
Quello è
infatti un altro punto caldo della questione. L’area dove si sta costruendo la
bretella era una delle poche aree verdi
rimaste nella zona, un’area che offre un attimo di respiro tra
l’agglomerato urbano del coneglianese e quello successivo. La creazione di una
strada che prevede, in base al progetto, di deviare buona parte del traffico
stradale, non può che attirare tutti quei grandi proprietari di catene di
negozi che vedono nella zona un’ampia area da sfruttare per creare grandi magazzini e cementificare in
generale.
Senza
contare che il progetto conta di essere un primo
passo per poi connettere i tratti della bretella con il tratto autostradale dell’A27 creando
ancora più cementificazione in un’area già pesantemente segnata. Anche se poi
mancano sia i soldi che il progetto per completare il disegno complessivo.
C’era
davvero bisogno, in un periodo di crisi, di smaltire tutto quel traffico tra
zone industriali e residenziali che si vanno svuotando, e costruendo nuove
strade che sacrificano risorse e paesaggio, solo perché non si sanno sfruttare
al meglio quelle già esistenti? Certamente no. Era necessario spostare un tubo
del gas a livello nazionale vicino all’argine di un fiume i cui livelli d’acqua
sono spesso fin troppo elevati? Senz’altro è una scommessa rischiosa.
Si può
fare qualcosa per impedire i lavori? Ormai no. Ciò che si può analizzare, però,
è perché tutto ciò è stato possibile,
capire cioè, come si sia potuto dare il via a questi lavori senza prima una
valutazione attenta del territorio nella sua totalità, dei pro e dei contro
anche da parte dei cittadini e delle autorità al di fuori delle comunali. Molti
cittadini che non la volevano non
hanno avuto l’occasione di poter dire la loro o di essere effettivamente
ascoltati e, paradossalmente, poco da dire sul nuovo assetto del territorio che
si andrà a creare hanno potuto anche Provincia
e Regione.
Il
nucleo del problema è infatti la mancata adozione del PAT (Piano Assetto del Territorio) da parte del comune di
Conegliano. Il PAT non solo permetterebbe
ai cittadini di essere chiamati in causa su questione che riguardino i
cambiamenti al piano regolatore ma permetterebbe anche alla provincia e alle regioni di verificare il rispetto di alcuni criteri e obblighi di
sviluppo sostenibile fissati dai piani sovracomunali. Sfruttando invece le
normative precedenti relative ai piani regolatori vecchio stile, i panni
vengono “lavati in casa” dal singolo comune, senza che ci sia la necessità per
esso di sottoporsi a vincoli esterni e controlli ulteriori da parte degli enti
provinciali e regionali. Ad esempio, il piano urbanistico provinciale (PTCP)
prevede che non si possano creare nuovi centri commerciali in zone libere, ma
solo riutilizzando aree dismesse, cioè già cementificate. Il Comune di
Conegliano ha invece attuato una variante al PRG per consentire l’edificazione
a fianco della nuova bretella di un centro commerciale e di un distributore di
carburanti, attraverso un accordo con le società proprietari dei terreni
circostanti. Su questo aspetto il Circolo SEL di Conegliano aveva a suo tempo
presentato le proprie osservazioni al Comune.
Sinistra Ecologia Libertà
Circolo di Conegliano
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