mercoledì 16 luglio 2014

Un PAT per il comune di Conegliano per impedire una nuova bretella di Parè







Alla commissione provinciale convocata per visitare i cantieri della bretella di Parè abbiamo assistito ad una dettagliata spiegazione delle ragioni per cui proprio quel progetto è stato scelto tra altri e dei vari problemi che l’azienda si è trovata a gestire e risolvere. Le scelte attuate, da un punto di vista aziendale, si mostrano molto puntuali e oculate:
-pagamento delle indennità per gli espropri
-delega ai cittadini proprietari di terreni tagliati dalla bretella delle spese di gestione dei sottopassi
-spostamento di una tubazione del metano di importanza nazionale in diversa locazione
-assistenza di archeologi negli scavi
-progettazione di un sistema drenante per impedire che in caso di piogge la bretella si trasformi in una diga e inondi l’area tra il fiume Crevada e la strada
Sono stati esposti anche i vantaggi che deriverebbero dalla creazione della bretella, cioè canalizzare verso altre strade il traffico pesante che al momento passa nelle vicinanze dei centri residenziali e togliere il traffico di passaggio dal popoloso quartiere di Parè.
È quindi tutto oro quello che luccica? Certamente no. Di svantaggi e di problemi ce ne sono fin troppi.
Certamente non è possibile una messa in sicurezza totale del territorio per essere certi che il rischio “diga” non si venga a creare, a causa della permeabilità del terreno, delle forti piogge che caratterizzano il territorio e che hanno allagato per mesi gli stessi cantieri della bretella, e del rischio costante di inondazioni da parte del fiume Crevada che, per stessa ammissione degli esperti, non gode di ottima manutenzione né da parte delle autorità né da parte dei privati.
La soluzione di pompe e drenaggi sembra essere più che altro una soluzione a posteriori, la classica toppa che si è costretti a mettere perché si è voluto a tutti i costi costruire su un terreno non adatto. Senza dubbio è una soluzione che implica spese elevate e prolungate nel tempo a carico della comunità o del privato.
Un altro punto problematico è la questione degli scavi archeologici. La bretella è rialzata per circa 4 metri e per i lavori si andrà solo per circa 1 metro e mezzo a scavare sotto terra. Man mano che vengono trovati resti  di possibile valore archeologico viene chiamato il team di esperti tenuto a controllare e valutare quella zona in particolare.
L’area viene considerata di medio interesse archeologico, ma non è detto che scavando più in profondità  non si trovi qualcosa, un qualcosa che potrebbe ridare slancio al turismo culturale nella nostra area. Ovviamente però gli scavi al momento avvengono solo nella prospettiva della bretella, per essere certi “di non causare danni” nel caso ci fosse davvero qualcosa. Se nel futuro si volessero svolgere però degli scavi più seri, cosa sarà necessario fare? Distruggere la strada e tutto l’edificabile circostante?
Quello è infatti un altro punto caldo della questione. L’area dove si sta costruendo la bretella era una delle poche aree verdi rimaste nella zona, un’area che offre un attimo di respiro tra l’agglomerato urbano del coneglianese e quello successivo. La creazione di una strada che prevede, in base al progetto, di deviare buona parte del traffico stradale, non può che attirare tutti quei grandi proprietari di catene di negozi che vedono nella zona un’ampia area da sfruttare per creare grandi magazzini e cementificare in generale.
Senza contare che il progetto conta di essere un primo passo per poi connettere i tratti della bretella con il tratto autostradale dell’A27 creando ancora più cementificazione in un’area già pesantemente segnata. Anche se poi mancano sia i soldi che il progetto per completare il disegno complessivo.
C’era davvero bisogno, in un periodo di crisi, di smaltire tutto quel traffico tra zone industriali e residenziali che si vanno svuotando, e costruendo nuove strade che sacrificano risorse e paesaggio, solo perché non si sanno sfruttare al meglio quelle già esistenti? Certamente no. Era necessario spostare un tubo del gas a livello nazionale vicino all’argine di un fiume i cui livelli d’acqua sono spesso fin troppo elevati? Senz’altro è una scommessa rischiosa.
Si può fare qualcosa per impedire i lavori? Ormai no. Ciò che si può analizzare, però, è perché tutto ciò è stato possibile, capire cioè, come si sia potuto dare il via a questi lavori senza prima una valutazione attenta del territorio nella sua totalità, dei pro e dei contro anche da parte dei cittadini e delle autorità al di fuori delle comunali. Molti cittadini che non la volevano non hanno avuto l’occasione di poter dire la loro o di essere effettivamente ascoltati e, paradossalmente, poco da dire sul nuovo assetto del territorio che si andrà a creare hanno potuto anche Provincia e Regione.
Il nucleo del problema è infatti la mancata adozione del PAT (Piano Assetto del Territorio) da parte del comune di Conegliano. Il PAT non solo permetterebbe ai cittadini di essere chiamati in causa su questione che riguardino i cambiamenti al piano regolatore ma permetterebbe anche alla provincia e alle regioni di verificare il rispetto di alcuni criteri e obblighi di sviluppo sostenibile fissati dai piani sovracomunali. Sfruttando invece le normative precedenti relative ai piani regolatori vecchio stile, i panni vengono “lavati in casa” dal singolo comune, senza che ci sia la necessità per esso di sottoporsi a vincoli esterni e controlli ulteriori da parte degli enti provinciali e regionali. Ad esempio, il piano urbanistico provinciale (PTCP) prevede che non si possano creare nuovi centri commerciali in zone libere, ma solo riutilizzando aree dismesse, cioè già cementificate. Il Comune di Conegliano ha invece attuato una variante al PRG per consentire l’edificazione a fianco della nuova bretella di un centro commerciale e di un distributore di carburanti, attraverso un accordo con le società proprietari dei terreni circostanti. Su questo aspetto il Circolo SEL di Conegliano aveva a suo tempo presentato le proprie osservazioni al Comune.

Sinistra Ecologia Libertà
Circolo di  Conegliano

martedì 8 luglio 2014

Focus "emergenza casa"




Dopo anni di crisi economica che per il momento non tende ad allentare la morsa nel nostro paese, il problema della casa diventa sempre più importante da affrontare da parte di chi amministra il nostro territorio.
I comuni si trovano ad avere decine di persone in fila che chiedono ogni giorno  un alloggio popolare, piu semplicemente una Casa decente, ad un prezzo equo e da pagare secondo le proprie capacità economiche.

La nostra provincia ha un ottimo prodotto interno lordo, ma  esistono sacche di povertà e di miseria molto diffuse, che rimangono nascoste sia per un malinteso senso  di  dignità da parte di chi vive la  povertà con vergogna e non osa chiedere,   sia perché è più facile girare la testa dall'altra parte e fingere di non vedere.
Purtroppo viviamo un  paradosso: Si continua ad edificare ed i  nostri comuni sono pieni  di case invendute e/o sfitte, ma  gli alloggi dedicati all'edilizia popolare non sono sufficienti per affrontare una vera e propria crisi sociale che ha un unico nome ormai: emergenza abitativa.
Nel passato, alcuni Ater  hanno consapevolmente (s)venduto una parte del loro patrimonio immobiliare per rinnovare gli alloggi posseduti oppure per  costruirne di nuovi, ma la mancanza di  lungimiranza prima e di risorse  poi, ha costretto gli Ater all'immobilismo.
Il crudele risultato conseguente è sotto gli occhi di tutti:  molti  centri della marca  si ritrovano ad oggi nell’assoluta mancanza di case popolari anche nei casi di emergenza assoluta.

Inoltre, nonostante le nostre richieste a molti livelli, non esistono  dati certi e omogenei sulla situazione abitativa nella provincia di Treviso.
Manca, ad esempio, sia il numero certo e totale delle famiglie colpite da sfratto esecutivo, sia il numero delle abitazioni libere e subito disponibili per le assegnazioni.
Non si ha nemmeno un dato certo di quante siano  le case libere ed  oggetto di un’eventuale ristrutturazione.
Manca anche  il numero delle famiglie che saranno oggetto di  sfratto a causa di una lunga morosità.
Dai dati in nostro possesso ( di fonte sindacale), ci sono circa dai trenta ai quaranta mila nuclei familiari in provincia di Treviso con gravi difficoltà nel riuscire a pagare l'affitto o le spese di condominio.
Alla fine,  chi  voglia interessarsi realmente della situazione come stiamo cercando di fare noi, si perde in un vero e proprio dedalo che penalizza ulteriormente  chi ha  situazioni economiche e sociali molto difficili, situazioni che troppo spesso vanno in coppia.
Per questo abbiamo pensato di proporre nella Commissione Consiliare che abbiamo chiesto di convocare sul tema, la costituzione di Un Osservatorio sulle politiche abitative.
Questo soggetto potrebbe acquisire dati dai singoli comuni sul reale fabbisogno di case popolari.
In questo modo potremmo   indirizzare verso   scelte mirate di nuove costruzioni limitando il più possibile il consumo di suolo. Insieme alle varie informazioni e alle singole competenze di Ater, dei Sindacati degli inquilini e dei proprietari, dovremo  essere in grado di  elaborare un quadro più preciso di quello attuale, dando anche indicazioni in merito alla  riqualificazione degli spazi in disuso e abbondonati  presenti in molti comuni: Il 10% degli edifici di proprietà pubblica sono abbandonati a se' stessi.
Siamo convinti che se si riuscissero ad elaborare interventi mirati alle reali necessità, si potrebbe dare anche un nuovo impulso all’edilizia senza che questa diventi semplice  speculazione e  consumo di territorio.
Infine, non ci stancheremo mai di ricordare a tutti che la casa è un diritto  e non  un lusso o un privilegio: solo a questo  diritto calpestato  ci sentiamo di dare risposte.

P.S.
Da qualche giorno in  Italia esiste un nuovo gioco d'azzardo, VinciCasa, «il primo gioco che dà la possibilità di vincere un premio concreto come un’abitazione, che è il sogno più diffuso e ambito».
La casa in realtà molto più che un sogno,  è un bisogno e un diritto troppo spesso negato come abbiamo visto.
Il 2013 si è chiuso con 1 sfratto ogni 70 famiglie in affitto ed è a loro, come alle fasce più deboli della società, che evidentemente si rivolge prioritariamente un "gioco" che promette l'accesso a un bene primario. Mentre si discute quotidianamente di lotta alle ludopatie, spiace leggere di nuovi giochi  immessi sul mercato con fare subdolo e falsamente magnanimo.